Saturnalia, Opalia e il Timavo

Saturnalia, Opalia e il Timavo

Strabone, geografo greco di Amasya del primo secolo dopo Cristo, nel raccontare la zona del Timavo ci parla di un luogo ascrivibile a un lucus, o bosco sacro, rigoglioso e intimamente legato a una dimensione selvaggia e quasi primordiale.

Quest’aspetto sacrale era collegato in Grecia al culto di Apollo e rimandava all’età dell’oro, come anche ricordato da Virgilio nella quarta Bucolica (tu modo nascenti puero, quo ferrea primum/ desinet ac toto surget gens aurea mundo,/casta fave Lucina; tuus iam regnat Apollo).

E tale caratteristica è propria di Saturno, cui era dedicato un culto al Timavo.

Difatti, attorno agli anni ’50 del secolo scorso fu rinvenuto un mortarium in argilla [nella foto qui sopra], recante l’iscrizione Numen/Saturni impressa sull’orlo per quattro volte, di età tardo-repubblicana o protoaugustea, che rimanda direttamente al culto del dio delle semine.

la scritta numen/saturni, impressa per quattro volte

 

Le festività Saturnalia ed Opalia.

Le festività furono fissate dal 17 al 23 dicembre dall’Imperatore Domiziano per festeggiare Saturno e la sua sposa, la dea dell’abbondanza Opi. Le celebrazioni ricordavano l’età dell’oro vissuta dagli uomini, quando Saturno regnava sulla terra. I romani credevano che in questo periodo le divinità Sturno, Plutone e Proserpina uscissero dal sottosuolo e vagassero sulla terra portando l’inverno assieme al gelo sulla terra. Per fermare la brutta stagione dovevano essere rabbonite con offerte e feste in loro onore. Durante i saturnalia gli uffici e le scuole erano chiusi, non si iniziava e non si continuavano le guerre, tutte le attività che non riguardassero i festeggiamenti erano vietate. La tradizione voleva che il sole morisse in prossimità del solstizio d’inverno (fissato per il 25 dicembre), quando si giunge all’accorciarsi della notte e a un lento allungarsi del giorno. Il sole rinasce quindi più potente (Sol Invictus o Sole Invitto), quasi come un Dio bambino con l’inizio dell’anno nuovo.

Le città venivano addobbate con nastri, ghirlande e fiaccole, per sette giorni le persone si scambiavano doni e organizzavano grandi banchetti dove potevano partecipare anche gli schiavi. Infatti si ricordava un’epoca in cui non esistevano leggi, guerre e differenze sociali, quindi gli schiavi perdevano il loro status di sudditanza e divenivano liberi. Si racconta di casi con veri e propri scambi di ruolo fra padrone e schiavo.

Un princeps nominato ad estrazione organizzava le feste e i banchetti, non dimenticando il gioco d’azzardo, che era proibito durante il resto dell’anno.

Chi era Saturno?

Prima dell’influenza greca che si fuse ai culti romani, Saturno era una delle divinità  chiamate Numina, cioè potenze senza miti o storie. Esso proteggeva i campi e le sementi. Solo più tardi Saturno sarà collegato alla figura di Crono della civiltà greca.

La leggenda lo lega strettamente al popolo e al territorio italico, in quanto dopo la sua cacciata per mano di Giove, Saturno si stabilì proprio sul territorio donando la conoscenza dell’agricoltura agli uomini. Il suo regno porterà pace e ricchezza, denominato poi come età dell’oro. Egli diverrà dunque un eroe civilizzatore, per cui il suo culto sarà molto importante anche all’estremità dell’Impero.

Nella zona del Timavo furono presenti diversi culti come Ercole, la Spes Augusta, Temavus, Mithra e Saturno.

I giorni di festa nell’antica Roma

17 dicembre | La città veniva decorata con nastri fiori e ghirlande: si ornavano soprattutto le edicole degli dei e le vie della città venivano popolate da mercatini, danzatori e giocolieri. L’inizio dei festeggiamenti avveniva con rito del ‘lectisternium’: veniva organizzato un banchetto dove i commensali ospitavano le dodici divinità maggiori, gli si offriva del cibo chiedendo protezione e prosperità per Roma e i suoi cittadini. Poi si proseguiva con una processione fino al tempio di Saturno, dove avvenivano sacrifici di animali in onore della divinità. Ovunque c’erano ricchi banchetti e gli invitati si scambiavano auguri e piccoli doni, in questi banchetti veniva eletto il ‘Princeps’ che gestiva i festeggiamenti.

18 dicembre | Secondo giorno di festeggiamenti, grandi banchetti in onore di Saturno dove venivano invitate molte persone, inclusi gli schiavi.

19 dicembre | Terzo giorno, dedicato a Opi, sposa di Saturno, dea dell’abbondanza e protettrice del raccolto: a lei si chiedevano grazie e si dedicavano voti.

20 dicembre | Quarto giorno, i romani si scambiavano piccole statuette di terracotta, bronzo o cera dette ‘Sigillaria’. Esse venivano offerte ai Lari (spiriti protettori) della casa o come dono al dio Saturno. Saturno era legato al mondo degli inferi, quindi era quasi uno scambio che gli uomini offrivano al dio in cambio della loro anima; quasi uno scongiuro alla propria morte.

21 dicembre | Quinto giorno, la città si riempiva di visitatori che partecipavano ai festeggiamenti e approfittavano delle bancarelle per acquistare ricordi, vesti e ninnoli.

22 dicembre | Sesto giorno, continuano i festeggiamenti nell’ Urbe.

23 dicembre | Settimo giorno, si ringraziavano nuovamente le divinità con banchetti e processioni. I festeggiamenti finivano al tramonto.

a cura di Piera Mauchigna

 


 

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