Domenica 8 marzo 2020 a Fogliano presso la Chiesetta di Santa Maria in Monte [alle ore 10.00, 11.00, 12.00], apertura straordinaria e visita guidata alla chiesetta cinquecentesca di Santa Maria in Monte e ai resti del forte veneziano.
A partire dalle ore 10.00 (un turno unico), sarà possibile visitare il comprensorio difensivo della Dolina dei Bersaglieri.
In una radiosa mattinata settembrina del 1756, l’austriaca Sagrado e la veneziana Fogliano, dopo una lunga ed articolata serie di sopralluoghi e trattative protrattesi per un quadriennio, festeggiarono assieme la definizione ultima dei confini di Stato in tutta la Patria del Friuli e nell’Istria, tra Repubblica di Venezia e Arciducato d’Austria.
Si riunirono “il Senatore Giovanni Donato, il Magnifico Luogotenente della Patria del Friuli Lorenzo Donà con il Provveditore Generale di Palmanova Tomaso Querini, il Conte Feldmaresciallo Ferdinando di Harrsch col Segretario della Commissione ai confini, Antonio de Salzfeldt ed altri dignitari austriaci”.
“Perciò si avviarono poi in magnifico corteo alla chiesa di Santa Maria, dove venne cantato il Te Deum di ringraziamento, mentre al di fuori rimbombavano le scariche degli archibugi e delle colubrine. Quindi i personaggi si separarono, ritornando il Generale a Gorizia per proseguire per Vienna, mentre il Senatore s’imbarcò a Monfalcone su una galea, per raggiungere Venezia e riferire a Sua Serenità il Doge Francesco Loredano“.
a Dio Ottimo Massimo Adiutore a Maria Teresa Romana Imperatrice d’Ungheria di Boemia Regina Arciduchessa d’Austria a Francesco Loredano Doge di Venezia per i confini incerti dalla Pace di Wormazia fino a questo giorno controversi infine felicemente risolti agli ordini dei principi e per i desideri dei popoli Ferdinando Filippo conte di Harrsch Consigliere intimo dell’Augusta Feldmaresciallo e Colonnello di Reggimento di Fanteria e Giovanni Donato già Savio all’Ordine del Consiglio Senatore Veneto Arbitri dei confini regolati Posero
Correva l’anno 1500 quando Leonardo da Vinci fu chiamato in riva all’Isonzo, in una missione mantenuta probabilmente segreta, per ideare un complesso sistema di chiuse a protezione della fortezza veneziana di Gradisca, che avrebbero dovuto rendere inutilizzabili i guadi al nemico più temuto del momento: il turco.
Erano infatti ormai trent’anni che i turchi imperversavano in Friuli, giungendo dalla Bosnia e cercandovi d’entrare attraverso il guado antico di Fogliano, una volta lasciata alle spalle la città murata di Monfalcone.
Difatti, essendo equipaggiati in modo leggero ed adottando una tecnica di combattimento basata sull’agilità, difficilmente avrebbero cinto d’assedio le Terre, ossia le città murate. Domenico Malipiero racconta, nei suoi Annali, che le truppe turche fecero oltre ottomila prigionieri tra i civili in un sol mese, incendiando ogni villaggio del contado goriziano.
Da qui, la decisione della Repubblica di Venezia d’iniziare i lavori per la costruzione di una linea difensiva fortificata, comprendente la fortezza di Gradisca e i forti di Mainizza e di Fogliano.
Il forte stellato di Fogliano fu costruito nel 1474 e quasi interamente demolito circa un decennio più tardi, venuta meno la sua strategicità, considerato il poderoso impianto difensivo della coeva Gradisca. Difatti il 9 settembre 1480 Antonio Loredan, già Capetanio General da Mar della Repubblica di Venezia e membro del Collegio dei Savi, fu inviato in Friuli per un sopralluogo alla linea difensiva sull’Isonzo. Assieme all’avogador Alvise Lando, decise di far demolire la piccola fortezza di Fogliano e di ampliare le difese di quella gradiscana.
Tuttavia, questa singolare struttura difensiva ci parla ancor oggi di sé, essendo giunta sin ai giorni nostri parte dell’originale cinte muraria stellata -se pur in un alzato limitato- attorno alla chiesa di Santa Maria in Monte, a Fogliano.
E’ immaginabile che, nel 1521, questa chiesa sia stata costruita su alcune preesistenti strutture del forte, riutilizzandone i materiali. L’edificazione di questa chiesetta votiva fu voluta da Teodoro del Borgo, comandante dei balestrieri a cavallo della Repubblica di Venezia. Fu scelto questo luogo in quanto Antonio Loredan, proprio nell’anno 1500 e in qualità di luogotenente della Patria del Friuli, concesse queste terre a Teodoro e al fratello Franco per essersi distinti per ardimento in occasione dell’assalto notturno dei turchi all’accampamento di Spilimbergo, un anno prima.
Sopra la porta d’ingresso si trova un’epigrafe che indica la paternità e l’anno di costruzione:
La cinta muraria presenta oggi alcune lacune, dovute ai successivi rimaneggiamenti e restauri, risultando tuttavia ancora intelligibile larga parte dell’originario andamento. Le cronache locali dell’anno 1615 ci parlano di un ripristino delle strutture, riedificate all’interno del perimetro a stella originario. I rimaneggiamenti dei secoli successivi ne hanno definitivamente mutilato la forma, soprattutto a seguito della costruzione d’un’area cimiteriale privata, a ridosso della chiesa.
La chiesa, che oggi occupa il sedime delle antiche strutture del forte, appartiene a una tipologia locale molto diffusa ed è stata restituita nell’aspetto attuale dopo le ricostruzioni a seguito della Grande Guerra, mutila della torre campanaria, crollata durante il conflitto. Al suo interno si possono ammirare alcuni affreschi raffiguranti quattro Santi, tracciati non senza qualche ingenuità tecnica da sconosciuta mano. Le altre rappresentazioni pittoriche, riscoperte anche a seguito di lavori dei primi anni ’20 del secolo scorso, sono invece attribuite all’udinese Giacomo Secante, allievo di Giovanni Antonio de’Sacchis detto il Pordenone, e rivelano per uso del colore e per vividezza delle scene un sentire più articolato, supportato da una tecnica matura.
Questo piccolo scrigno di storia e arte, celato tra la vegetazione carsica della collina che sovrasta Fogliano, merita una visita attenta, cercando d’individuare l’Isonzo e la sua pianura alluvionale, un tempo passaggio quasi obbligato, fortemente presidiato da una Serenissima che, dopo la scoperta dell’America, avrebbe ben presto intuito che il mare non avrebbe più rappresentato la sua fortuna definitiva, facendosi via via ‘Stato da Tera’.
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